Una malinconia dal mare
A un anno di distanza ti penso spesso, come una donna innamorata pensa al suo amore perduto. E ogni volta che ti penso ti sento un po’ più mia. E in una piccola, piccolissima parte lo sei stata, nell’orizzonte frastagliato dei tuoi minareti, nelle acqua placide del Bosforo: ogni volta che ne parlo ne vedo i contorni, ne sento il fruscio. Sei stata per me madre permissiva e tenace, amante docile e sfrontato. Sei stata compagna e solitudine, coraggio e rassegnazione, ozio e riflessione. Non mi rammarico dei giorni che ho perduto pensandoti troppo sfacciata, menefreghista e ammaliatrice. Mi rallegro di ciò che mi hai dato, perché in fondo, nulla mi hai tolto, ma solo insegnato. Oggi che giaci in ginocchio e ferita sento di doverti le mie scuse e la mia vicinanza con la gratitudine di un figlio cresciuto che abbraccia sua madre.
Non piangere Istanbul, non piangere più.
Istanbul non porta la tristezza come “una malattia temporanea”, oppure “un dolore di cui liberarsi”, ma come una scelta.
Orhan Pamuk, Istanbul